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Quelle foto sui mestieri scomparsi

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Stagnini, mondine, materassai… Riscoprire mestieri scomparsi attraverso la memoria diretta degli anziani è prima di tutto un modo per rifiutare il dominio del consumo e della produzione di massa, ma anche per separare il lavoro come saper fare creativo dal lavoro alienato. In realtà resta anche un modo con cui ribaltare l’idea che i saperi pratici sono conoscenze di serie B: quando contadini e artigiani spariranno, per scomodare Pasolini, “la nostra storia sarà finita”. Se poi questa riscoperta avviene attraverso la fotografia, cioè tramite il prendere in mano una macchina fotografica e il mettersi in posa, allora i risultati saranno sorprendenti: l’arte di fare foto diventa strumento di esplorazione, di comunicazione e di relazione

Le foto di questa pagina sono di Danilo Garcia Di Meo

La mostra “Mestieri scomparsi. Metamorfosi oltre la memoria” porta nel presente i mestieri di un tempo; l’intenzione non è “stare” sul rimpianto dei tempi che furono ma immaginare un futuro, una reinterpretazione di quello che è accaduto, il cui senso, in questo modo, non viene fissato una volta per tutte ma si presta a rivisitazioni e rielaborazioni individuali e collettive, alla luce dell’esperienza e guardando in avanti. 

Il progetto fotografico è curato da Danilo Garcia Di Meo (attraverso il bando “Torno Subito” della Regione Lazio), in collaborazione con l’associazione di promozione sociale Witness Journal, che si occupa di fotografia sociale sul territorio nazionale e in molti altri Paesi e ha avuto l’obiettivo di far conoscere la fotografia come strumento privilegiato di comunicazione: momenti formativi si sono affiancati alla produzione di immagini all’interno del proprio contesto di vita, personale e territoriale, con la finalità di sviluppare, nelle persone coinvolte, empowerment, dando impulso a riflessioni e cambiamenti nel proprio ambiente di riferimento.

Nel Centro Diurno Anziani Fragili “Elianto” di Monterotondo (Roma), gestito dalla cooperativa sociale Iskra, la fotografia ad azione sociale ha, così, incontrato uno spazio che è di grande impatto sul territorio di riferimento. Portando avanti il laboratorio di fotografia con anziane e anziani, con il coinvolgimento attivo di operatrici e operatori, si è intrapreso un percorso che ha messo al centro le persone che frequentano il servizio partendo dalle loro esperienze.

L’idea che ne è nata è stata un’indagine sui mestieri scomparsi, storie di lavori e di un mondo che non esiste più e di cui solo l’umanità incontrata è testimone. 

Un percorso che testimonia come non sia mai troppo tardi per la fotografia;  la maggior parte delle persone coinvolte non avevano mai preso in mano una macchina fotografica né mai avevano posato. Marisella, ottantaquattrenne utente di “Elianto”, ha detto commossa “Non avevo mai fatto una foto in tutta la mia vita, grazie!”.  

Altro  aspetto emerso è di “genere”;  le poche persone che hanno avuto in passato un’esperienza fotografica sono per la maggior parte uomini. Dai racconti è risultato, infatti,  che l’utilizzo della macchina fotografica era concesso principalmente a loro, agli uomini. Così è accaduto che, durante il laboratorio, molte donne in un primo momento si siano inizialmente mostrate restie ad utilizzare la macchina fotografica per poi lasciar spazio, presto, alla curiosità lanciandosi nell’esplorazione

Insomma, questa occasione ha consentito di infrangere alcune barriere, piccole ma importanti.

Una mostra con le fotografie realizzate è ospitata nella Galleria d’arte contemporanea di via Bellini 46 a Monterotondo.

 
 
 

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